Eatable Adventures ha rilasciato il primo report quantitativo sullo stato dell’Open Innovation nel settore agroalimentare, promosso da Verona Agrifood Innovation Hub
Il settore agroalimentare è da sempre uno dei vanti e delle principali forze motrici dell’economia del Bel Paese, rappresentando oggi il 16,4% del PIL nazionale. Se da una parte le pressioni derivate dall’inflazione e dal cambiamento climatico stanno mettendo a dura prova tutta la filiera, dall’altra parte gli investimenti per innovare il settore sono in costante crescita.
Trend confermato anche a livello globale dove l’Agrifood vede nella nascita di nuovi approcci innovativi, che mettono al centro la collaborazione tra diversi attori della filiera, un motore di crescita. È ciò che emerge dal primo report quantitativo globale sullo stato dell’Open Innovation nel settore agroalimentare, realizzato da Eatable Adventures, tra i principali acceleratori globali in materia Foodtech. L’analisi è stata, inoltre, promossa dal Verona Agrifood Innovation Hub, primo polo di sviluppo dell’ecosistema Agrifoodtech italiano sostenuto da Fondazione Cariverona, UniCredit, Eatable Adventures, Cattolica Assicurazioni (Gruppo Generali), Comune di Verona, Veronafiere, Confindustria Verona e Università di Verona. Il report ha visto protagoniste aziende di medie e grandi dimensioni nelle regioni in cui è presente una maggiore concentrazione di imprese che operano nell’agroalimentare: Europa (49%), America Latina (19%) e Nord America (29%).
Dalle stime di Eatable Adventures, nel settore agrifoodtech, il 90% delle aziende intervistate ha, infatti, compreso a pieno il ruolo strategico dell’Open Innovation, tanto da aver intenzione di investire o collaborare con un partner esterno nei prossimi 3 anni e l’85% lo farà già entro il prossimo anno.
Open Innovation: lo stato dell’arte
Il primo studio quantitativo a livello globale condotto da Eatable Adventures vuole portare una nuova cultura dell’innovazione anche in Italia per consentire alla filiera agroalimentare nazionale di accelerare e mettersi al passo con gli altri paesi. Comprendere la potenza strategica dell’Open Innovation è il primo step: se da una parte le fonti interne restano ancora una risorsa di valore per l’innovazione (89%) dall’altra la collaborazione tra i diversi attori dell’ecosistema è già considerata un forte fattore di crescita. Non è un caso, infatti, che il 78% dichiara di utilizzare fonti esterne per portare innovazione all’interno della propria azienda e questo rappresenta una crescente fiducia nelle reti collaborative.
Indubbio, resta il ruolo guida delle Università e dei Poli Tecnologici (93%) seguito dal co-sviluppo con partner esterni (71%), ma significativo è il crescente ruolo delle startup: tra scouting di nuove realtà innovative virtuose (50%), investimenti diretti in startup (25%) e loro incubazione (17%), si fa strada il crescente interesse per nuove forme di collaborazione tra aziende consolidate e realtà emergenti, all’insegna di un impatto significativo sull’intera catena del valore.
Quali sono le principali aree di innovazione?
Sebbene ancora oggi, 9 aziende su 10 scelgano di concentrare i propri sforzi e investimenti nel miglioramento dei prodotti, l’attenzione si sta spostando sempre più verso le nuove tecnologie (57%) e verso l’efficientamento dei processi (53%). Rilevante anche l’attenzione da parte del 46% delle imprese verso la creazione di modelli di business innovativi.
A decidere in materia di sviluppo resta la Direzione Generale per più della metà delle aziende (78%), la nascita dei dipartimenti specifici per l’innovazione coinvolge, invece, il 57% delle imprese. A pesare su questa percentuale sono le aziende europee, in cui queste divisioni hanno un ruolo sempre più strategico nel processo decisionale.
Il futuro del settore agrifood
Il report sullo stato dell’Open Innovation mostra come le aziende intendano rafforzare la cultura dell’innovazione in futuro, puntando tutto su tre pilastri fondamentali: sostenibilità, tracciabilità e canali di vendita. Secondo i dati analizzati da Eatable Adventures, oltre il 75% mostra un forte interesse per lo sviluppo di nuovi prodotti a impatto positivo a tutto tondo, requisito oggi imprescindibile per il successo di qualsiasi impresa.
Inoltre, comprendere le nuove esigenze di un consumatore sempre più critico e attento, incide sia sulla tendenza ad essere più trasparenti sull’origine bidirezionale dei prodotti e sull’intera filiera, sia sulla nascita di nuovi canali di vendita, capaci di integrare on e offline in un’ottica omnichannel.
“Implementare strategie di Open Innovation nel settore alimentare non solo migliora l’efficienza dell’ecosistema e comporta un minor impatto a livello ambientale, ma aumenta anche la redditività delle imprese, riducendo i costi operativi e sfruttando la crescente domanda globale di alimenti sani e sostenibili” commenta José Luis Cabañero, fondatore e CEO di Eatable Adventures. “Adottare approcci innovativi offre la possibilità alle aziende consolidate di entrare in contatto con realtà emergenti per trasformare le attuali sfide del settore in opportunità, agendo non solo per il benessere del pianeta e degli individui, ma anche a livello aziendale ed economico”.
Italia: le aziende pioniere dell’Open Innovation
Innovazione significa pertanto adattabilità ai tempi mutevoli e alle diverse e nuove sfide da affrontare, che in Italia trovano espressione in realtà d’eccellenza come la stessa Eatable Adventures. Con la sua visione globale in materia agrifoodtech, l’azienda ha riconosciuto le potenzialità della filiera agroalimentare e si pone come pioniera di innovazione nel settore. Le stesse Istituzioni hanno riconosciuto a Eatable Adventures il ruolo di apripista di questo processo e creduto nell’importanza dell’Open Innovation in Italia.
Il report evidenzia come diverse aziende italiane, realtà già consolidate sul mercato agroalimentare, abbiano compreso l’importanza di modelli di sviluppo basati sulle sinergie multi-stakeholder.
È il caso di Amadori, gruppo leader nel settore avicolo e all’avanguardia nei temi di innovazione, che ha dato vita a una Funzione aziendale dedicata e un “Innovation Team”, in cui raccoglie talenti da diverse aree aziendali per promuovere lo sviluppo di nuovi progetti e soluzioni tecnologiche in un’ottica di Open Innovation con realtà esterne. Rilevanti anche il caso del Gruppo Cereal Docks, che ha sviluppato Grey Silo Ventures, il fondo di Venture Capital per investire e supportare startup in Europa e Israele, e il consorzio Italia del Gusto, che ha promosso una Innovation Accademy per i suoi soci con l’obiettivo di stimolare e diffondere la conoscenza sui temi d’innovazione più rilevanti.
Oltre alle aziende del settore alimentare, entità e istituzioni di rilievo sono oggi alla guida dell’Open Innovation, ne sono un esempio progetti come Foodseed, l’acceleratore Foodtech della Rete Nazionale Acceleratori di CDP Venture Capital, e promosso da una vasta rete di partner investitori, tra cui Unicredit e Cattolica Assicurazioni (Gruppo Generali), o il Verona Agrifood Innovation Hub, primo polo per l’innovazione agrifood in Italia sostenuto da Fondazione Cariverona.
“Il settore agroalimentare italiano sta comprendendo sempre più l’importanza di creare sinergie con nuove realtà emergenti e startup all’avanguardia, sia per dare uno slancio all’economia del paese, sia per accelerare sul fronte dei processi di sviluppo. Questa è una necessità oggi più che mai incombente, anche alla luce delle sfide a cui è sottoposta la filiera” commenta Alberto Barbari, Program Director di Eatable Adventures.