Crowd Advisors rilascia un whitepaper sottolinenando le pesanti lacune del nuovo regolamento UE che dovrebbe favorire il crowdinvesting cross-border in europa
Ne avevamo già parlato su queste pagine in prossimità della sua pubblicazione, evidenziando alcune perplessità. In realtà, la Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sulle piattaforme di Crowdinvesting per le imprese, è ancora più problematica di quanto non avessimo prospettato.
Lo sottolinea un Whitepaper pubblicato oggi dallo studio di consulenza Crowd Advisors e redatto dal suo partner e co-founnder avv. Alessandro Maria Lerro.
Nel documento si afferma infatti che “si tratta di un provvedimento normativo inidoneo a raggiungere lo scopo per il quale è stato concepito“.
Per quanto riguarda gli operatori del lending crowdfunding, si rileva che non avrebbero alcuna ragione per abbandonare i regimi nazionali e scegliere l’autorizzazione europea, in quanto estremamente più complessa e gravosa. Infatti, “la necessaria collaborazione con banche o istituti di pagamento per la gestione del denaro rende poco utile il regime di “passaportazione” e più efficiente il mantenimento delle attuali condizioni di esercizio“. I teemi da prendere in condierazione avrebbero dovuto essere altri come ad esempio la fiscalità nelle operazioni cross-border, la gestione delle ritenute d’acconto e l’identificazione del cliente.
Dall’altra parte anche il modo in cui viene disciplinato l’equity crowdfunding è giudicato fortemente deficitario. In particolare, nella protezione degli investitori e nella concezione di un modello di equity crowdfunding che pregiudica l’interesse imprenditoriale delle piattaforme, limitando la raccolta a un milione di euro. Laddove, oltretutto, tale ridotta dimensione sembra individuare come target le sole start-up, che presentano i maggiori profili di rischio per gli investitori, quando invece per essi è del tutto assente ogni forma di protezione.