Presentato oggi il primo report italiano sul crowdinvesting realizzato dall’Osservatorio Crowdinvesting del Politecnico di Milano: equity crowdfunding, lending e invoice trading
Cresce anche in Italia il numero delle attività imprenditoriali che hanno cercato e trovato denaro rivolgendo un appello diffuso attraverso Internet.
L’Osservatorio Crowdinvesting della School of Management del Politecnico di Milano ha fotografato lo stato dell’arte nel primo report italiano sul Crowdinvesting, e presentato questa mattina al Politecnico. Lo studio focalizza l’attenzione sui portali che consentono alle imprese di ottenere capitale offrendo una remunerazione agli investitori attraverso la sottoscrizione di capitale di rischio (equity crowdfunding), oppure attraverso prestiti (lending crowdfunding) o ancora con la cessione di fatture commerciali (invoice trading).
Il dato principale è che in Italia, fino ad oggi, il crowd investing ha raccolto €44,9 milioni, importo consistente, sebbene ancora lontano dai livelli raggiunti in altri paesi Europei.
“Il crowdinvesting è un sottoinsieme del crowdfunding – spiega Giovanni Giudici, Direttore scientifico dell’Osservatorio Crowdinvesting – e si realizza quando investitori finanziari diffusi, attraverso una piattaforma Internet abilitante, rispondono direttamente ad un appello rivolto alla raccolta di risorse per un progetto, in cambio di una remunerazione del capitale. E’ un fenomeno molto recente, eppure nel 2015 ha raccolto risorse a livello mondiale per circa 28 miliardi di euro. A determinarne lo sviluppo sono stati la crisi finanziaria, che ha portato le imprese a cercare fonti di finanziamento alternative, e l’azzeramento dei rendimenti risk free”.
Prima della presentazione dei dati, Alessandro Maria Lerro, presidente di AIEC, ha sottolineato i punti chiave di sviluppo dell’equity crowdfunding. Tra questi, spicca l’allargamento delle imprese che possono avere accesso a questa forma di finanziamento alternativo, in perfetta armonia con quanto proposto dal nostro Fabio Allegreni sulle colonne di Key4Biz (guarda il video in coda all’articolo).
Di seguito una sintesi dei dati emersi dall’indagine.
Equity crowdfunding
L’equity crowdfunding nel 2015 ha raccolto nel mondo 2,56 miliardi di dollari, in gran parte destinati a startup.
In Italia, nei primi mesi del 2016, l’equity crowdfunding ha cambiato marcia, anche se ancora oggi possono accedervi solo startup e PMI innovative, purché la campagna sia veicolata su piattaforme autorizzate) e solo nell’ultimo trimestre sono arrivate sul mercato 11 offerte. Questo dovrebbe portare il mercato alla soglia di 9 milioni di euro entro l’anno, ora siamo a quota 5,565 milioni (comunque molto poco rispetto ad esempio al Regno Unito, dove solo nel 2015 di milioni ne sono stati raccolti 332).
Di seguito, alcuni dati secondo noi molto interessanti, riferiti alle 48 campagne lanciate, di cui 16 chiuse con successo e 12 in corso.
- Le imprese protagoniste delle campagne hanno mediamente 3 anni di età e un fatturato di circa 17.000 euro.
- L’obiettivo principale della raccolta è lo sviluppo commerciale (28 casi) seguito dall’investimento produttivo (18 casi).
- Il target di raccolta medio è di 317.000 euro, corrispondente ad una quota del capitale azionario offerta pari al 22,68%. Con un valore pre-money medio, quindi di 1,2 milioni circa
- I progetti presentati spaziano dai servizi in piattaforme social/sharing (10 casi), all’ICT (10 casi), ai servizi professionali (9 casi).
- Gli investitori, stando a un’analisi inedita condotta su 365 persone fisiche, hanno tra i 40 e i 49 anni, sono per l’82% uomini e per il 28% risiedono in Lombardia. Fra gli investitori sono state censite anche 43 persone giuridiche, fra cui imprese di servizi e consulenza, manifatturiere, banche, holding
Lending crowdfunding
Nel lending crowdfunding (o social lending) gli investitori possono prestare denaro attraverso Internet a persone fisiche (consumer) o imprese (business) a fronte di un interesse e del rimborso del capitale. Generalmente la piattaforma di lending seleziona il prestito attribuendo un rating e lo suddivide fra una molteplicità di investitori, per frazionarne il rischio. Nel mondo nel 2015 i portali di lending hanno raccolto oltre 25 miliardi di dollari, il leader di mercato è la statunitense Lending Club.
Oggi in Italia esistono quattro piattaforme attive (Borsadelcredito.it per il settore business lending; Prestiamoci, Smartika, Soisy per il settore consumer lending) più una in arrivo (Younited Credit). Il totale dei prestiti erogati è pari a 28,3 milioni euro, con una durata media dei finanziamenti fra i 30 e i 40 mesi e il tasso annuo nominale (TAN) di circa il 6%, più precisamente tra 5,7% e 7,7%.
Attualmente sono 131 i prestiti concessi a imprese (1,9 milioni di euro, per un importo medio di 12.900 euro), 5.189 quelli a persone fisiche (per il 74% uomini che hanno come motivazione principale del prestito l’acquisto della casa o dell’automobile e che in media ricevono 5.000 euro). Le prospettive in Italia sono quelle di una crescita sensibile, che però necessita di una riforma del regime di tassazione (oggi penalizzante) e dell’arrivo di nuovi investitori, anche istituzionali.
Invoice trading
Per l’invoice trading esiste in Italia un’unica piattaforma attiva (Workinvoice.it) più due in arrivo (Instapartners e Cashme). L’invoice trading consiste nella cessione di una fattura commerciale attraverso un portale Internet che seleziona le opportunità e sostituisce il tradizionale ‘sconto’ della fattura attuato dalle banche. La cessione viene attuata o tramite un’asta competitiva o tramite il tranching in tante porzioni. Gli investitori quindi anticipano l’importo della fattura, al netto della remunerazione richiesta.
Il mercato è ancora in fase embrionale: al momento le imprese che hanno approfittato di questa opportunità sono solo 40, con 220 fatture cedute per un importo totale di 11 milioni di euro, a fronte di 20 investitori (qui l’importo medio di investimento è abbastanza elevato). Siamo però ben lontani dai numeri del Regno Unito, ad esempio, che ha movimentato 325 milioni di sterline solo nel 2015.