Beni culturali e turismo si prestano a campagne di reward crowdfunding, anche grazie ai benefici fiscali dell’art bonus, ma potrebbero essere anche oggetto di campagne di equity crowdfunding. Se solo la legge lo consentisse…
Che cosa hanno in comune le tre cose indicate nel titolo, crowdfunding, beni culturali e turismo? Molte cose certamente, ma una in particolare: il ministero dei Beni Culturali e del Turismo e, nella fattispecie, l’attuale ministro Franceschini.
Il Ministro Franceschini ha di recente introdotto l’art bonus, che prevede un credito d’imposta fino al 65% per le erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo.
Art Bonus e Crowdfunding
L’art bonus, essendo molto mirato, è un’iniziativa utilissima. E, poiché è applicabile a chiunque doni fondi a favore di iniziative culturali, si applica benissimo a chi lo fa attraverso il donation o il reward crowdfunding.
Tipicamente, le iniziative relative alla conservazione e valorizzazione del nostro patrimonio culturale hanno conosciuto, come forma alternativa agli stanziamenti pubblici, la sponsorizzazione.
In una mia recente intervista rilasciata al quotidiano online L’Indro, ho sostenuto che la sponsorizzazione – per cui una o poche aziende, donano dei fondi per un’iniziativa a fronte di visibilità del proprio marchio – e il crowdfunding si possono anche fondere. In una campagna di reward crowdfunding, per esempio, per il restauro di un edificio storico, chi promuove l’iniziativa, potrebbe definire, in cambio di donazioni di importo più elevato (es. qualche migliaio di euro o decine di migliaia di euro), una scala di “reward” che preveda l’esposizione del proprio nome, marchio o brand. Si otterrebbe così una sorta di sponsorizzazione diffusa, e, oltretutto, co-finanziata, con importi più piccoli, dal crowd.
Collegando l’art bonus alla sensibilità per il crowdfunding che il Ministro Franceschini sta dimostrando, si potrebbe allora integrare l’art bonus in modo da premiare maggiormente chi fa donazioni di importo elevato, in modo da incentivare ulteriormente le imprese ad effettuare co-sponsorizzazioni a fare di iniziative che riguardano i beni culturali.
Cultura, turismo ed Equity Crowdfunding
Ma, oltre all’art bonus, il Ministero della Cultura potrebbe “sponsorizzare” presso il Governo altri interventi per incoraggiare il crowdfunding nell’ambito culturale. In particolare credo sarebbe incredibilmente utile e dirompente intervenire in relazione all’Equity crowdfunding facilitandone l’adozione per iniziative che riguardino non solo i beni culturali, ma anche il Turismo, altro settore di competenza del Ministero.
Infatti, uno dei problemi di donation e reward crowdfunding, è che per loro natura, hanno dei limiti in termini di entità degli importi che si possono raccogliere: migliaia o decine di migliaia al massimo.
Le campagne di Equity Crowdfunding, invece, per loro natura, raccolgono centinaia di migliaia se non milioni di euro. Questo perché si tratta di investimenti, dai quali chi finanzia si attende un ritorno: dividendi o la possibilità in futuro di rivendere le proprie azioni ad un prezzo più alto.
Per quanto riguarda i beni culturali e il turismo, immaginiamo che fosse consentito al crowd, di diventare azionista di società private o pubbliche che hanno bisogno di fondi per ristrutturare un immobile storico, per lanciare un teatro o per valorizzare un albergo al fine di attrarre più turisti stranieri. Il promotore dell’iniziativa potrebbe proporre una campagna di equity crowdfunding per raccogliere i fondi necessari a pagare la ristrutturazione dell’immobile o l’esecuzione di un piano di marketing internazionale, dando in cambio azioni di una società che, agli occhi dell’investitore offre un modello di business chiaro e una garanzia molto rassicurante: ha in carico un immobile. Una volta eseguito il piano grazie ai fondi raccolti, la società aumenterebbe la propria redditività (l’edificio storico diventa un museo a pagamento, il teatro produce molti spettacoli, l’hotel ha molti più clienti internazionali), potrebbe distribuire dividendi crescenti agli azionisti e l’immobile acquisterebbe più valore. Tutti ci guadagnerebbero e la distribuzione di questa redditività sarebbe altamente “democratica”.