L’emissione di monete virtuali (ICO) è assimilabile al reward crowdfunding, tranne in alcuni rari casi. E la moneta virtuale è come un “coupon 2.0”
Per chi, come me, ha che a fare con le startup e con il crowdfunding, un fantasma ingombrante sta popolando questi mesi del 2017: le cosiddette “ICO” (Initial Coin Offerings). Pare che nel mondo questa forma di raccolta fondi abbia già superato i 2 miliardi (miliardi!!) di dollari.
Come spiegarsi il fenomeno e, soprattutto, come spiegarlo a me stesso in primis e poi ai chi non è un tecnico?
In questi giorni, un annuncio fatto dal colosso degli hamburger Burger King (filiale russa), mi ha finalmente illuminato. Hanno lanciato un nuovo programma di loyalty che consiste nel dare al cliente un buono, chiamato “Whoppercoin”, per ogni rublo speso. Questi buoni possono essere poi redenti nei ristoranti Burger King per comprarsi per esempio un Whopper burger (ci vogliono 1.700 “Whoppercoin”).
Fin qui niente di nuovo sotto il sole, giusto? Si tratta dei cari vecchi coupon, o punti, o bollini, o crediti. Qual è allora la differenza?
Le nuove monete virtuali sono dei coupon
Il fatto è che il Whoppercoin è una moneta virtuale, emessa da Burger King e garantita da un sistema basato su blockchain. E dunque può essere scambiata. Cioè, facciamo il caso che io abbia dei coupon (whoppercoin) che non intendo redimere per comprarmi un panino. Cosa ne faccio? Essendo virtuali (cioè elettronici), sono custoditi nel mio portafoglio virtuale (“wallet”) e posso così metterli in vendita su internet (non entro nel dettaglio del come…). Posso così ricavarne il loro valore nominale (59 rubli) o anche meno (tanto li ho avuti gratis). Se ci fossero tanti possessori e tanti compratori si creerebbe un mercato di Whoppercoin e, magari, se i compratori sono di più, il valore del Whoppercoin potrebbe apprezzarsi.
In conclusione, il cliente di Burger King per i suoi acquisti ottiene dei punti, o coupon ecc ecc, che può redimere per comprarsi un panino. Ma questi punti o coupon possono essere facilmente negoziati e dunque acquisire un valore intrinseco e monetizzabile. Quindi doppio vantaggio.
La stessa cosa accadrebbe se ciascuno di noi potesse vendere i punti Fragola dell’Esselunga…
In effetti Burger King ha fatto una sorta di “ICO”, anche se diluita nel tempo: ha emesso una moneta virtuale (whoppercoin) e la dà come ricompensa ai propri clienti in cambio di rubli e di prodotti/servizi (in questo caso, panini).
Che c’azzecca con il crowdfunding?
Una ICO è una campagna di reward crowdfunding
Le analogie con il reward crowdfunding sono a mio parere lampanti. Su Kickstarter o Indiegogo, tipicamente, il progettista chiede fondi per finanziare un’iniziativa o lo sviluppo di un prodotto. Per incentivare la donazione di fondi, offre delle ricompense, i “reward” (gadget, riconoscimenti immateriali o il prodotto stesso oggetto della campagna).
In una ICO, una startup chiede fondi per finanziare lo sviluppo di un servizio. Per incentivare la donazione di fondi, offre, come ricompensa, dei “coupon” (detti “token”, gettoni), ciascuno dei quali corrisponde a una unità di una nuova moneta virtuale, emessa dalla startup e garantita a un sistema blockchain, come i Whoppercoin di Burger King; tanti soldi donati, tanti token ricevuti. Analogamente ai Whoppercoin, questi token potranno essere utilizzati per fruire del servizio creato dalla startup, ma potranno anche essere venduti e comprati acquisendo quindi anche un valore intrinseco. Naturalmente questo potrà avvenire quanto più elevato è il numero di sostenitori che abbiano dato soldi a fronte di token.
Le ICO effettuate e quelle in corso sono moltissime, qui un elenco aggiornato. Di conseguenza, moltissime sono anche le nuove monete virtuali emesse, che si aggiungono alle più note Bitcoin ed Ethereum (qui uno dei tanti siti che ne monitora l’andamento).
Tutto rose e fiori?
Abbiamo recentemente riferito di un pronunciamento della SEC (l’organo di vigilanza USA) che ha definito l’ICO della tedesca DAO come un’emissione di titoli la quale, dunque, deve essere soggetta alle norme e ai regolamenti sugli strumenti finanziari. Ma questo è un caso diverso da quanto ho descritto sopra: Dao, infatti, offre dei diritti patrimoniali a chi compra i suoi token. E cioè promette che i soldi raccolti verranno investiti in altre società/progetti, che gli investimenti verranno scelti con votazione dai possessori di token, e che essi potranno beneficiare degli eventuali profitti generati da questi investimenti. In sintesi, i soldi raccolti con la ICO di Dao vengono investiti e ogni token DAO è un titolo che consente di aver diritto a profitti. Proprio qui sta il senso del pronunciamento della SEC: l’unica che può garantire che tali diritti siano rispettati è la legge USA e dunque Dao si deve adeguare.
Ma questo modello è molto raro nelle ICO. Nella maggior parte dei casi, i token emessi non sottendono diritti patrimoniali ma, semplicemente, danno la possibilità di acquistare i servizi offerti dalla startup stessa.
In questi ultimi casi, la maggioranza come dicevo, il rischio consiste nel fatto che la startup non realizzi il servizio o lo chiuda anzitempo scappando con la cassa. Ma, questo è, a mio parere, lo stesso rischio che ci si assume quando si pre-acquista un nuovo gadget super tecnologico su Indiegogo o Kickstarter, dove prima di dare i soldi bisogna valutare la credibilità del progetto e del team che lo propone.
In conclusione
- Emettere monete virtuali basate su blockchain è come emettere i punti di una raccolta punti
- Le ICO sono (nella maggior parte dei casi) simili a campagne di reward crowdfunding dove le ricompense sono unità della nuova moneta virtuale
- Dunque le ICO non hanno nulla a che fare con il venture capital o con l’equity crowdfunding
- I rischi sono molto simili a quelli di una campagna su Kickstarter o Indiegogo