Secondo il report annuale di P2Pmarketdata, il crowdinvesting (equity e lending crowdfunding) ha subito una contrazione in Europa e Usa, ma continuerà a crescere
P2Pmarketdata ha rilasciato un report in cui analizza lo stato attuale del mercato del crowdinvesting, incluse statistiche aggiornate e approfondimenti diretti dei leader del settore, in base ai dati del proprio database.
Panoramica dei mercati globali: dove sono le piattaforme di crowdinvesting
Quasi la metà di tutte le piattaforme di crowdinvesting a livello mondiale incluse nel database di P2pmarketdata ha sede in Europa. Le economie europee grandi e mature tendono ad ospitarne la maggior parte, tra cui Regno Unito (94), Italia (66), Francia (63) e Germania (46).
Tuttavia, correggendo per dimensioni del mercato, spiccano gli Stati baltici. L’Estonia ospita il maggior numero di piattaforme pro capite: circa 22 per 1 milione di persone, seguita da Lettonia (4,7) e Lituania (3,9). In confronto, nel Regno Unito ci sono solo 1,5 piattaforme per milione di persone, in Italia – 1,1 e in Germania – 0,6.
Infine, i paesi dell’Europa centrale, orientale e sud-orientale sembrano essere in ritardo. Alcuni grandi mercati come Polonia, Ungheria e Romania hanno mercati di investimento alternativi quasi inesistenti.
Per volume di investimenti, gli Stati Uniti probabilmente superano ancora l’intero vecchio continente.
Secondo il Cambridge Center for Alternative Finance, gli Stati Uniti sono stati di gran lunga il più grande mercato del mondo nel 2020, avendo finanziato 73,62 miliardi di dollari di volume totale (corrispondenti al 65% della quota di mercato globale).
L’Europa è rimasta molto indietro con 22,6 miliardi di dollari, più della metà dei quali provenienti dal solo Regno Unito (12,6 miliardi di dollari).
Ripartizione settoriale: le molte facce del crowdinvesting
A livello globale, il crowdinvesting offre generalmente opportunità ad alto rischio e alto rendimento.
Guardando ai segmenti di investimento, le piattaforme azionarie (comprese le start-up e equity immobiliare) rappresentano quasi la metà di tutte le piattaforme, mentre il prestito peer-to-peer si attesta a circa un terzo della quota di tutte le piattaforme.
Notevole anche la crescita del segmento “altro”, che include principalmente criptovalute e investimenti da collezione.
Tuttavia, i prodotti di investimento variano a seconda dei mercati. Ad esempio, l’Europa è la culla degli investimenti di debito, mentre gli Stati Uniti guidano il settore delle imprese.
Inoltre, gli Stati Uniti sono molto più inclini a investimenti puramente digitali: quasi un terzo di tutti gli investimenti alternativi va in criptovalute e oggetti da collezione.
Uno sguardo indietro: la crescita del crowdinvesting: dinamiche del mercato europeo in un contesto di rallentamento globale
Il trend e il caso emblematico di Mintos
Nel 2022, i volumi di finanziamento mensili segnalati a P2PmarketData sono diminuiti piuttosto drasticamente nel primo trimestre, trainati al ribasso principalmente dall’invasione dell’Ucraina e dal conseguente calo dei prestiti al consumo nelle piattaforme di prestito ai privati con esposizione ai mercati russo e ucraino.
I volumi di finanziamento nel secondo trimestre e per tutta l’estate sono stati per lo più trascinati al ribasso dal più grande prestatore storico, Mintos. Mintos è passata dal finanziamento di prestiti per un valore di quasi 200 milioni di euro nell’ottobre 2021 a soli 35 milioni di euro nel luglio 2022. Anche i prestiti alle imprese sono entrati nel consueto rallentamento estivo tra luglio e agosto.
La fine dell’anno si è conclusa con una nota ottimistica, con i volumi di raccolta che sono finalmente tornati all’incirca ai livelli della fine del 2021, alimentati sia dal rimbalzo di Mintos che dalla rinnovata attività nel settore delle imprese.
Nel complesso, il 2022 è stato un anno relativamente “lento” per il settore del crowdinvesting rispetto alla sua crescita storica media (anche se estremamente rapida). Tuttavia, date le circostanze e rispetto ad altre asset class, il crowdinvesting ha funzionato “piuttosto bene” come ha affermato un attore del settore:
“La guerra in Ucraina, l’aumento dell’inflazione e dei tassi di interesse e le pessimistiche previsioni economiche sono state grandi sfide per il settore. Tuttavia, è andata piuttosto bene, e sicuramente meglio di altre asset class come azioni o criptovalute“.
La “bancalizzazione”
Mentre la concorrenza tra le piattaforme di crowdfunding e le istituzioni finanziarie si sta sviluppando sia per i mutuatari che per gli investitori, la cooperazione con le banche è un altro modus operandi a lungo discusso nel settore. Tuttavia, è generalmente valutato con cautela dai leader del settore.
Le piattaforme che si trasformano in banche sono il segno definitivo dell’integrazione del crowdinvesting con i principali mercati finanziari. Il fenomeno è iniziato nel Regno Unito con i “tre grandi” del prestito P2P (Zopa, RateSetter e Funding Circle) che hanno tutti acquisito licenze bancarie e cessato le operazioni P2P.
Per tutto il 2022 e il 2023, stiamo assistendo a una continuazione di questa tendenza, in particolare con il colosso finlandese del P2P Fellow Finance che chiuderà le sue operazioni di prestito.
Sebbene la “bancalizzazione” non sia generalmente vista come una delle principali tendenze future dai leader del settore (probabilmente perché riguarda solo una quota minore di piattaforme attive), ha comunque un impatto sulla forma del settore.
Conclusioni
In sintesi, una questione orizzontale emerge molto quando si guarda al settore del crowdinvesting oggi, ed è l’equilibrio. Il mercato sta cercando di trovare il suo equilibrio, con le crisi economiche e politiche che ne minacciano la stabilità ma anche sgombrando il campo da player ad alto rischio.
Gli operatori del mercato attendono con impazienza la regolamentazione che garantisca maggiore sicurezza e condizioni di parità senza soffocare il settore in rapida crescita.
E infine, il crowdinvesting sta ancora cercando di trovare il suo posto nel più ampio mercato finanziario, navigando tra istituzionalizzazione, “bancalizzazione” e deregolamentazione (ancora piuttosto estrema, tranne, a breve, in Europa).