Investire in opere d’arte e di design… con il crowdfunding

Una piattaforma di crowdfunding anglo-americana consente ai giovani artisti e designer di finanziare le proprie opere sollecitando investimenti anche minimi. Gli investitori guadagnano appena l’opera viene venduta

 

Arte Crowdfunding

Le piattaforme online e i social media stanno rendendo sempre più facile investire in opere d’arte originali. Art:i:curate è una startup con sede a Londra e a New York che associa al mondo dell’arte i metodi del crowdfunding per finanziare gli artisti emergenti, dando così accesso a chiunque agli investimenti in opere d’arte. Con un minimo di $10, i collezionisti in erba possono acquistare una partecipazione al lavoro di un artista e quindi condividere gli utili di una futura vendita con il creatore e gli altri finanziatori. Finora 160 artisti hanno fruito del servizio ed hanno messo in vendita le loro opere sulla piattaforma.

E’ la prima piattaforma di crowdfunding che permette agli artisti di raccogliere fondi per il loro lavoro e di condividere i profitti della vendita con i loro patrocinatori“, dice Irina Turcan, un ex banchiere di investimento e co-fondatore di Art:i:curate. “Stiamo modificando il modo in cui opera il mondo dell’arte reinventando il modello di galleria così da permette a tutti di diventare mecenati dell’arte contemporanea“.

Di fatto si tratta di un Kickstarter per il mondo dell’arte, con la grade differenza che gli investitori sono rassicurati dal fatto che Art:i:curate ha preventivamente selezionato solo artisti che ritiene avranno un futuro importante.

Il funzionamento del modello è molto vicino ai principi dell’equity crowdfunding e, in particolare, a quello del real estate crowdfunding. L’artista vende un iniziale 40% al crowd, ricevendo così in anticipo i soldi per finanziare la continuazione della sua opera. Il pezzo finito viene esposto quando è terminato e messo in vendita. Al momento della vendita, l’artista riceve il 30 % del prezzo finale, mentre il resto del denaro viene suddiviso proporzionalmente tra gli investitori, meno la fee per la piattaforma. Art:i:curate calcola che se un investitore ha messo $100, dovrebbe ottenerne più di $150. Ma accade solo quando l’opera d’arte vende – se vende – e al prezzo preventivato. Quindi il rischio esiste.

Questo modello cambia il rapporto di un artista con le gallerie d’arte, che, di solito, rappresentano il creatore, mettono in piedi lo show, richiamano i compratori e prendono almeno il 50% di commissione su tutte le vendite. Nonostante il modello di remunerazione dell’artista che si finanzia con Art:I:curate sia dunque molto favorevole all’artista rispetto alle gallerie tradizionali, queste, tuttavia, non si sentono particolarmente minacciate: “Non ci sentiamo minacciati“, dice Jeremy Epstein, co-fondatore dello spazio artistico londinese Edel Assanti. “E’ complementare. E’ allargare l’orizzonte. Molte di queste nuove piattaforme online sembrano applicarsi in modo preponderante agli artisti più giovani, dando molti modi diversi per vendere il loro lavoro. Io non credo che sia una sfida a noi galleristi. È una buona cosa

Art:i:curate è soddisfatta del suo sviluppo fino ad ora. “Stiamo ricevendo una buona trazione in USA e in Europa e la nostra ambizione è quella di diventare globali”, dice Turcan di Art:I:curate, un passato in Nomura. “Siamo già presenti in più di 30 paesi.”

In Italia, paese di grande tradizione artistica e patria del design, una piattaforma del genere non sarebbe possibile, in quanto sollecita il pubblico risparmio ed avrebbe bisogno di un’autorizzazione di Consob, che peraltro, le attuali norme non prevedono. O, visto che in fondo si tratta di e-commerce, ci sono altre strade? Agli avvocati l’ardua sentenza

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