Secondo una ricerca di Cerved Rating Agency, 540 PMI italiane operano in settori esposti alla transizione energetica, con un potenziale di 6,6 miliardi di euro di mini green bond
Nonostante gli innegabili shock economici e finanziari a cui è stato sottoposto in questi ultimi anni, il tessuto produttivo italiano è in salute, con oltre 1.100 imprese che potrebbero emettere fino a 15 miliardi di euro di minibond senza indebolire la loro struttura economico-finanziaria.
Di questi, quasi la metà potrebbero essere “verdi”, a supporto di politiche di sostenibilità: 6,6 miliardi di mini green bond, grazie a 540 possibili emittenti che operano nei settori maggiormente esposti alla transizione ecologica ed energetica.
A dirlo è Cerved Rating Agency, l’agenzia di rating italiana specializzata nella valutazione del merito creditizio delle imprese e nella misurazione delle performance ESG, che partendo dalle oltre 15mila società non finanziarie oggetto di una sua valutazione ha individuato un campione rappresentativo dell’economia italiana in termini di settori, distribuzione geografica, dimensione, forma giuridica e struttura finanziaria.
“In un mercato del credito dominato dall’offerta bancaria – spiega Fabrizio Negri, amministratore delegato di Cerved Rating Agency – i minibond sono un’ottima opportunità, perché offrono alle PMI emittenti uno strumento di finanziamento aggiuntivo o alternativo e agli stakeholders un’interessante scelta di investimento verso le imprese private. Inoltre, la crescente attenzione alla sostenibilità ha avuto effetti tangibili anche sul mercato dei minibond, che sta diventando un’importante fonte aggiuntiva per sostenere la competitività delle PMI”.
I minibond sono titoli di debito tipicamente emessi da piccole e medie imprese per diversificare le fonti di finanziamento e accedere al mercato degli investitori professionali.
L’indagine sulle potenzialità di emissione di minibond
Ai fini dell’indagine, CRA ha selezionato dal campione solo società non finanziarie con ricavi compresi tra i 5 e i 500 milioni di euro, a cui sono stati poi applicati rigidi criteri finanziari in modo da ottenere i soggetti in grado di emettere minibond senza pregiudicare il proprio equilibrio economico-finanziario.
Si è così arrivati a una rosa di 1.133 aziende, il 75% delle quali localizzate nel Nord Italia, che potrebbero emettere minibond per 15,2 miliardi di euro con un limite massimo di 50 milioni di euro ciascuno.
A livello geografico, in testa troviamo il Nord-ovest con 483 imprese e un potenziale di emissione di 7,1 miliardi di euro, seguito dal Nord-est (369 aziende e 5,1 miliardi), dal Centro (151 e 1,9 miliardi) e da Sud e Isole (130 e 1,1 miliardi).
Si tratta per l’81% di imprese con un fatturato compreso fra i 50 e i 500 milioni di euro, ma è rilevante (19%) anche la quota di piccole imprese. Per quanto riguarda i macrosettori, svettano le aziende manifatturiere (69%), seguite dai servizi (11,6%) e dal commercio (8,5%).
I dati regionali
Scendendo poi nel dettaglio delle singole regioni, a guidare la classifica dei minibond è la Lombardia, con 312 possibili imprese emittenti e 5,06 miliardi di euro di potenziale: un sottoinsieme di 146 potrebbero poi emettere mini green bond, per un controvalore di 2,16 miliardi.
Sempre sul podio troviamo il Veneto, con 180 aziende per 2 miliardi di emissioni potenziali (100 e 1,11 miliardi se si considera il focus green) e il Piemonte, con 144 società per 1,7 miliardi (77 e 0,76 miliardi), seguite per numero di imprese (136) dall’Emilia Romagna, che tuttavia risulta seconda, con 2,31 miliardi, per possibili emissioni, di cui 0,73 green (50 emittenti).
Tutte le altre regioni registrano numeri sensibilmente inferiori, al di sotto delle 50 unità (eccetto la Toscana): chiudono la classifica il Molise e la Calabria, con una sola possibile emittente ciascuna, mentre va leggermente meglio per Sardegna, Valle d’Aosta e Basilicata, che arrivano a 4.
I mini green bond
Cerved Rating Agency ha poi dedicato un focus ai mini green bond, emessi da imprese che appartengono ai settori maggiormente esposti alla transizione ecologica ed energetica, quali costruzioni, automotive, attività manifatturiere, fornitura di energia elettrica, gas e acqua, gestione dei rifiuti, trasporto e magazzinaggio, servizi di informazione e comunicazione, attività immobiliari, agricoltura, siderurgia, chimica, plastica e gomma, produzione di macchinari.
Si tratta di un sottoinsieme corposo delle 1.133 imprese iniziali, cioè 540 aziende, con un potenziale di emissioni pari a 6,6 miliardi di euro.
A livello geografico, la distribuzione è simile a quella dei minibond “tradizionali”.
Il Nord-ovest vanta 238 imprese e un potenziale di emissione di 3,2 miliardi di euro, seguito dal Nord-est (175 aziende e 2,1 miliardi di euro), dal Centro (71 e 0,8 miliardi) e da Sud e Isole (56 e 0,4 miliardi).
Si tratta per il 75,7% di imprese con un fatturato fra i 50 e i 500 milioni di euro, ma è rilevante (24,3%) anche la quota di piccole imprese.
Per quanto riguarda i macrosettori, svettano le attività manifatturiere (69,3%) legate alla transizione sostenibile, seguite dalle aziende che operano nel settore delle costruzioni e dell’immobiliare green (11,3%) e dai servizi (10.4%).
Livelli di rischio più contenuti rispetto alla media
Infine, grazie alla profondità storica dei rating creditizi di Cerved Rating Agency è stato possibile monitorare le evoluzioni della probabilità di default media dal 2014 al 2024 per tutte le società prese in esame.
L’analisi ha evidenziato come le possibili emittenti di minibond, inclusi i mini green bond, presentino livelli di rischio più contenuti e variazioni di probabilità di default meno evidenti rispetto al campione complessivo delle società oggetto di rating da parte di CRA.
Nel decennio considerato, infatti, la PD media rimane stabilmente sotto al 2%, con variazioni percentuali basse e sostanzialmente in calo, rispetto all’intero campione che non è mai sceso sotto il 4,47% e nel marzo 2024 ha raggiunto un picco del 6,26%.
Anche valutando le ultime annualità, in cui i livelli di rischio complessivo sono stati maggiormente soggetti a fluttuazioni e aumenti, il merito creditizio degli emittenti target (green e totali) è rimasto stabilmente alto.